LABORATORIO
PER
L’ARCHITETTURA
STORICA

Restauro e riqualificazione funzionale degli edifici storici “ex Convitto Guglielmo II” nel complesso monumentale del Duomo di Monreale

CATEGORY Palazzo Storico
LOCATION Monreale (PA), Italia
ANNO 2005

Progettazione e Direzione Lavori
arch. Gaetano Renda

Il progetto di recupero delle fabbriche dell’ex Convitto Guglielmo II si propone il completamento di un percorso che, pur senza avere avuto un unico referente, ha perseguito comunque il programma unitario della conservazione e della valorizzazione del complesso abbaziale dei Benedettini a Monreale.
La chiesa fa parte di un impianto monastico che fu costituito in modo tale da “avere entro le sue mura tutto quanto è necessario, così che i monaci non siano obbligati ad uscire” e che si estende su di una superficie che oggi pur con tutte le trasformazioni subite nel tempo, e comprendendo anche gli spazi aperti del chiostro, delle piazze e dei cortili annessi, si sviluppa su 33.000 metri quadrati circa.
L’intervento riguarda il recupero di alcuni edifici compresi nell’area monumentale e facenti parte dell’impianto monastico che ospitò i benedettini. Ha interessato in particolare il grande edificio del cosiddetto Dormitorio dei Benedettini che occupa l’ala sud del chiostro, oltre a tre torri della cinta difensiva ed alla barocca chiesa degli Agonizzanti, addossata anch’essa alla cinta muraria, l’ala posta ad est del chiostro e le rimanenti che si pongono intorno alla corte che precede la villa comunale di Monreale, e il corpo nord con il fronte sul sagrato della Chiesa.
Il progetto doveva tenere conto, oltre che delle necessità specifiche del restauro e risanamento degli edifici sui quali non si era ancora intervenuti, anche di rimettere in relazione e di far dialogare tra loro le singole parti di questo “unicum” storico-architettonico-urbanistico di in-commensurabile valore per l’umanità.
L’utilizzo di un materiale piuttosto che un altro, per un intervento così forte qual era quello di ricostituire il tessuto strutturale avrebbe variato sensibilmente il peso e l’immagine degli elementi moderni su di una struttura allo stato ruderale in realtà abbastanza fragile, allontanando l’obiettivo del rispetto assoluto e dell’omogeneizzazione differenziata fra la struttura antica e l’intervento moderno. Il rischio era infatti di ricostituire una struttura con materiali talmente pregnanti, con tecniche talmente sofisticate da porre in secondo piano l’oggetto antico, che rimane il protagonista dell’operazione.
L’approfondimento progettuale ha seguito un duplice ordine di motivazioni. Era anzitutto necessario restituire alle fabbriche del complesso del “Guglielmo II”, attualmente vissute come appendici secondarie del Duomo e del Chiostro benedettino, il loro carattere di prezioso documento storico, intimamente connesso per storia, funzioni e logiche esecutive all’insieme dell’impianto abbaziale; ciò mediante il dispositivo degli interventi di risanamento che, utili a restituire omogeneità strutturale ed efficienza fisica al monumento, tendono in ultima istanza a ricostituirne – e quindi a restaurarne – “il significato semiologico”, offuscato dall’uso disorganico e spesso improprio che ne è stato fatto.
Il secondo obiettivo, fortemente legato al primo, era di creare le condizioni perché l’intero complesso, risanato, potesse venire adeguatamente apprezzato ed utilizzato dalla comunità. Tutta la teoria del restauro oggi concorda sul fatto che il riuso degli edifici storici, se rispettoso e compatibile con il loro carattere, ancorché rispondente ai bisogni di una fruizione moderna, ne migliora la vita prolungandone l’esistenza.
L’approccio teorico al progetto non consentiva ovviamente di considerare il costruito storico come mero contenitore adattabile a qualsiasi nuova esigenza, muoveva bensì da considerazioni storico-critiche alla ricerca del valore proprio degli edifici; e, riconosciutolo, l’ha utilizzato per mettere in valore, appunto, l’esistente.