LABORATORIO
PER
L’ARCHITETTURA
STORICA

Risanamento architettonico sistema delle fortificazioni del complesso del Duomo di Monreale

CATEGORY Complesso Monumentale
LOCATION Monreale (PA), Italia
ANNO 1997

Progettazione esecutiva e Direzione Lavori
arch. Gaetano Renda

Obiettivo finale del recupero è ricostituire a Monreale l’unicum architettonico-urbanistico di cui la cattedrale e il chiostro sono solo una parte e anche di creare in questo sito straordinario un polo specializzato dell’arte e dell’umanesimo, da inserire in un circuito culturale di altissimo profilo, in una dimensione anche sovranazionale, anche attraverso l’avvenuto inserimento di Monreale, unitamente a Cefalù e Palermo, all’interno dei siti Unesco.
L’intervento condotto sugli edifici del complesso del Duomo di Monreale comprendeva, oltre il risanamento e la rifunzionalizzazione dell’edificio denominato “dormitorio”, anche il restauro del sistema di torri della cinta muraria, “Torre Belvedere” e “Torre Fornace” oltre che quella inglobata nella chiesa degli Agonizzanti, tutti elementi fondamentali per la restituzione dell’omogeneità strutturale e dell’efficienza fisica ai monumenti, oltre che per ricostituire e restaurare il significato semiologico, offuscato dallo stato di abbandono e di oblio in cui versavano le fabbriche. L’approccio teorico al progetto non considerava il costruito storico come mero contenitore adattabile agli usi moderni; muoveva bensì da considerazioni storico-critiche alla ricerca del valore proprio del manufatto, e, riconosciutolo, lo utilizzava per mettere in valore, appunto, l’esistente. Dovendo intervenire per ricostituire la struttura interna e renderla fruibile a utenti del XXI sec. il criterio della trasformazione è stato sempre, con molta umiltà, quello dell’ottenimento del massimo comfort possibile con il minimo danno in assoluto per le strutture storiche e per la loro riconoscibilità.
Un intervento così esteso doveva rispondere ad una serie di requisiti (dalla funzionalità, alla chiarezza dei percorsi, al rispetto della straordinaria preesistenza e così via), due dei quali apparivano primari e quasi prevaricanti rispetto a tutti gli altri:
– l’unità di linguaggio, per ricondurre a denominatore comune un complesso spezzettato in mille diverse funzioni che ne avevano, di fatto, cancellato l’originaria unità compositiva, facendone dimenticare l’eccezionalità della concezione e della realizzazione di getto, in tempi brevissimi;
– l’uso di materiali in qualche modo “preziosi” che senza entrare in competizione con l’esistente ne sottolineassero l’assoluta e quasi perfetta eccezionalità.
Materiali che comunque dovevano rimanere “sottotono” rispetto alle fabbriche normanne. Il processo teorico pratico del trattamento della lacuna (Baldini), precedentemente sperimentato più volte, a più scale e in più luoghi, (nella rilettura del tempio romano della piazza Savoia a Susa o nella riconfigurazione del costone della valle dei templi di Agrigento) è stato il filo di Arianna che ci ha guidato nel labirinto di questo complesso restauro.
Si è cercato di ridurre al minimo gli interventi di cantiere, così frequenti e indispensabili nei restauri architettonici, attraverso la puntuale progettazione di ogni intervento, riscoprendo la prassi “dimenticata” del progetto “esecutivo”, specialmente nel restauro.
Il grigliato è stato utilizzato per definire interamente lo spazio interno: si sono costruite le sezioni “murarie” dei setti di spina, la scala, oltre che tutti gli elementi dell’arredo per l’allestimento museografico degli spazi – i parapetti, gli elementi di seduta, i pannelli espositivi – che, quasi ludicamente, vengono assemblati ed accostati alle strutture portanti dei setti.